Cancro alla prostata: il PSA nella “mezza età” predice il rischio o no?
Dopo i 50 anni, un livello elevato dell’antigene prostatico specifico (PSA) sembra essere in grado di predire il rischio di essere colpiti da un carcinoma prostatico letale nell’età senile. È questo l’aspetto clinico più interessante emerso da una ricerca condotta nell’ambito del Physicians Health Study statunitensi.
I livelli di PSA, misurati a metà della vita, fornirebbero, infatti, informazioni più accurate nel prevedere la presenza di un cancro prostatico aggressivo, perché hanno minori probabilità di essere confusi con l’iperplasia prostatica benigna (BPH), patologia diffusa negli uomini anziani. “Si tratta di una scoperta importante, poiché supporta il concetto di un controllo del PSA stratificato in base al rischio”, commenta Mark A. Preston, del Brigham and Women’s Hospital di Boston, autore principale dello studio
“Abbiamo bisogno di pratiche di screening più intelligenti basate sul rischio reale (livello di PSA al basale, storia familiare, razza) per individuare in tempo tumori potenzialmente letali, evitando al tempo stesso sovradiagnosi e conseguente sovratrattamento negli uomini che possono trarne scarsi benefici, a causa dell’età avanzata o di un’aspettativa di vita limitata, dice il dottor Preston. A seconda del livello di PSA riscontrato, gli uomini dovrebbero parlare dettagliatamente con un urologo dei rischi e dei benefici di uno screening continuativo e dell’utilità di una biopsia prostatica”.
“I fattori di rischio conosciuti per il carcinoma prostatico includono una storia familiare della stessa malattia e la razza afro-americana – sottolinea Stacy Loeb, della New York University di New York, che ha scritto l’editoriale di accompagnamento per la pubblicazione dello studio. Dovremmo aggiungere anche un altro fattore alla lista: a metà della vita, avere un PSA al basale sopra la media”.
“I pazienti quarantenni e cinquantenni con un livello di PSA>1 ng/ml o altri fattori di rischio necessitano di un follow-up più frequente di quelli con livelli inferiori al basale e nessun altro fattore di rischio”, precisa Stacy Loeb. “Alcune linee guida come, per esempio, quelle del National Comprehensive Cancer Network e della European Association of Urologyconsiderano già il livello di PSA uno strumento per determinare l’intervallo di screening ottimale. Il messaggio per i medici è dunque questo: testare il livello di PSA al basale in uomini più giovani può contribuire a individuare quelli a maggior rischio di cancro prostatico potenzialmente letale, così da seguirli più da vicino”.
Fonte: Journal of Clinical Oncology 2016